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"Che fantastica storia è la vita" ('03)     Cuore (1984)

Theorius Campus ('72)   "Ullàlla"('76)   "Le cose della vita"('73)  Quando verrà Natale('74)


"Il rumore della pioggia"

di Stefano Latini - "Solegemello"

E’ tornato. E già questo volge la mia giornata al buono, mi spunta un sorriso bambino mentre ascolto e riascolto quella voce e quelle parole che tanti anni fa mi hanno stregato e steso per sempre. “Dalla pelle al cuore” arriva a quattro anni da “Che fantastica storia è la vita”, uno dei dischi più acustici ed asciutti musicalmente della storia recente di Antonello.
La prima sorpresa è trovarsi di fronte ad un album questa volta assai ricco di suoni, di orchestre synt e di elettronica. E’ un disco “pesante” questo “Dalla pelle al cuore” anche per alcuni temi scelti: il tradimento, il perdono, la morte, l’ideologia, la solitudine, ed è un disco vario perché all’atmosfera barocca di alcuni brani si accosta un’energia rock di cui Antonello aveva manifestato la voglia nelle ultime esibizioni dal vivo. Del resto queste due anime sono sempre state presenti in Venditti che già in passato si era lasciato affascinare da una dimensione quasi sinfonica (pianoforte e orchestra), basti pensare ad album antichissimi come “L’orso bruno” (1972), “Lilly” (1975), “Ullàlla” (1976), ed in altre occasioni ha invece coniugato il suo comunicare in musica con la semplicità scarna di un “Le cose della vita” (1973) o un “Sotto il segno dei pesci” (1978). Ma tante sono le contraddizioni che negli anni Antonello ha manifestato, questo si, senza falsi pudori ed opportunismi: una difficoltosa ma efficace dialettica tra laicismo e cattolicesimo, del resto le due anime della sua e mia amata Roma capoccia, il suo essere “diverso” ma allo stesso tempo necessariamente “integrato”. “Dalla pelle al cuore” è questo, un disco “furbo” ed allo stesso tempo “suo”, banale ed ispirato.

Nel disco sono presenti due nuclei, il primo è caratterizzato da un evidente impegno lirico, il secondo ricalca certi stereotipi della nostra canzone spesso frequentati dall’ultimo Venditti. Mi riferisco nel primo caso a quel gruppo di brani che appaiono collegati  tra loro come “Piove su Roma”, “Giuda”, “Tradimento e perdono”, canzoni piene di voci, di suoni, di fruscii, di parole appena accennate e che, allo stesso tempo , manifestano un dolore lacerante per la perdita dell’amore, per la solitudine umana, per la morte che può diventare anche tradimento, “per il tacito infinito andar del tempo” che si avverte nitidamente tra le gocce che coprono Roma come un “sipario di mare”. E’ una pioggia incessante, “un  regalo di marzo che nasconde il suo veleno”, una pioggia che evoca ricordi, dolore, morte, come in un romanzo di Hemingway, come nel film “Blade Runner” (“…E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”).
Dietro l’angolo non appare la speranza come in “Sotto la pioggia” (1982), questa è un’altra storia. La canzone nasce dallo stesso stato d’animo che aveva evocato le voci di “Lacrime di pioggia” (2003), lo stesso che tanti fa ci aveva regalato quel momento di grande sincerità espressiva contenuto nell’album “Quando verrà Natale” (1974).

“Questa” pioggia non ha nulla di consolatorio (“nemmeno questo tempo di merda mi consola”, tanto per parlar chiaro!), è piuttosto la grancassa per le emozioni  e i dolori e la lente di ingrandimento per le storie di Roma, quelle piccole, che si dipanano ogni giorno per le strade della città. Questa dimensione acustica, generata dalle gocce che ricoprono “il mondo intero”, richiede però un particolare stato d’animo, “…amore tu non la puoi sentire…”, è un mettersi in ascolto, accordare la propria anima con quella del cantautore. “Piove su Roma” è quindi un brano che nasce dalla perdita dell’ amore ma che diventa qualcosa di più, è un brano sulla “cognizione del dolore”.

Della stessa pioggia-veleno si nutre il rimpianto di “Giuda”, magistralmente interpretato da Antonello che per l’occasione diventa la sua voce.
“Giuda” vaga come un’anima in pena nell’inferno (era “solo un uomo” e adesso è “un uomo solo”), perchè vive nella dannazione e nell’umiliazione. Questo fantasma vuole parlare ancora una volta al “suo vecchio amico” (Gesù), perché la sua condizione lo accomuna a tutti gli uomini, ed il dolore che si grida dentro è il dolore dell’umanità stessa. Giuda rappresenta cioè la solitudine e il suo peccato e il suo errore è stato quello della presunzione: ha tradito per diventare il primo fra gli uomini e fare a meno di Dio.
Un secondo piano di lettura della canzone è quello del rapporto dell’uomo con Dio, e apre una riflessione sul significato del “peccato” (“Ora sono qui ultimo tra gli uomini a portare ancora tutte le spine della tua corona”), del tradimento e del perdono, temi che torneranno più volte all’interno di questa raccolta di canzoni. Bellissime le doppie voci e i cori dello stesso Antonello che rimandano a brani antichi come “Il mare di Jan” (1973) e che rendono con efficacia l’atmosfera “infernale” della canzone. Una musica davvero riuscita, in cui si intrecciano in maniera perfetta tastiere ed elettronica (una serie di suoni distorti sottolinea tutto il rimpianto, il dolore, di quest’anima dannata), conduce alla soluzione(?) finale che è quasi un problema filosofico. Il perdono di Giuda oltre che spezzare la sua dannazione eterna, potrebbe liberare anche Gesù dalla solitudine? Può l’uomo fare a meno di Dio? Può Dio abbandonare l’uomo all’errore?  “Che sarà di me? che sarà di te? dimmi mio signore…”.

Se il suicidio di Giuda è figlio del suo tradimento (ma quanto diventano inutili trenta denari quando si perde tutto!), il suicidio può essere esso stesso un tradimento. E’ il caso della canzone “Tradimento e perdono” nella quale Antonello con un tocco molto delicato (però l’espressione “mondo coglione” era evitabilissima!) e con l’accompagnamento dolce delle chitarre, rievoca la figura di Agostino Di Bartolomei, capitano e guida della Roma dello scudetto, morto suicida nel 1994,  “…Ricordati di me, mio capitano! cancella la pistola dalla mano…”. Al volto di Agostino fotografato magnificamente con quel “sorriso sgomento anche se hai vinto…” si sovrappongono quelli di altri due campioni della cultura e dello sport, si tratta di Luigi Tenco, pieno di amici eppure “solo e lasciato lì” e Marco Pantani. Per chi come me ha amato il grande Pirata è un colpo al cuore: “Mi ricordi di Marco e di un albergo nudo e lasciato lì, era San Valentino l’ultimo arrivo e l’hai tagliato tu”.
La canzone offre una riflessione sulla fragilità umana attraverso personaggi che avevano avuto tutto dalla vita ma a cui forse mancava l’amore per se stessi e il reale calore umano. “Se ci fosse più amore per il campione oggi saresti qui”,  perchè una forma di tradimento è anche il non aver saputo ascoltare, il non aver saputo dare tutto il proprio affetto al momento giusto. Anche questo brano, come i precedenti di cui ho parlato, mette i brividi, perché Antonello, attraverso Ago, Marco e Luigi parla di tutti, perché il suicidio è un germe che potenzialmente è in ogni uomo, è il massimo tradimento della vita e degli altri che restano impotenti di fronte al gesto. Anche in questo caso l’unica salvezza, l’unica possibilità di rinascita è il perdono “Tradimento e perdono fanno nascere un uomo ora rinasci tu” : solo così il sorriso triste di Agostino può smettere di essere un tormento e diventare un ricordo dolce e amaro…

Fin qui, i punti forti del disco. Il resto purtroppo non è all’altezza di quanto sopra, con qualche piacevole eccezione. Ancora legata al tradimento e al perdono, questa volta limitato al rapporto tra uomo e donna, è “Dalla pelle al cuore”, canzone orecchiabile in cui Antonello parla di amore e sensualità e sperimenta un po’ di rhythm&blues finendo spesso e volentieri dalle parti del pop nostrano, Zero Assoluto inclusi. Idealmente legata a “Piove su Roma” (un effetto sonoro che riproduce scrosci d’acqua collega idealmente le due canzoni), è poi la ballata “Scatole vuote”, una “Dimmelo tu cos’è al contrario venticinque anni dopo” come l’ha definita più o meno il suo autore. Diciamolo subito, poco a che vedere con “Dimmelo tu cos’è”, però il testo concede qualche verso piacevole quando la sala di registrazione entra nella canzone “Io lavoro come un cane…come vanno le canzoni? …il nuovo disco sarà forte però…”, e ancora “Scatole vuote piene di silenzio conto le scarpe che ti portano via…”, il ritornello e l’impianto complessivo della canzone sono però più vicini a Sanremo che alla canzone d’autore. “Indimenticabile!”, un rock in cui riecheggiano chitarre alla U2 e un ritmo giovanilistico, è poi il punto più debole dell’album; solo qualche verso è da ricordare e lo facciamo volentieri: “Ma se il destino è vivere nell'infelicità vicini e lontanissimi oltre l'eternità”, il resto, a dispetto del titolo, è abbastanza “dimenticabile”, come quell’ossessivo scandire l'aggettivo incriminato alla fine del pezzo.

Molto dolce, mi ha fatto subito pensare ad un cioccolatino, è “Regali di Natale”, brano dall’impianto tradizionale che ricorda per struttura le più famose canzoni d’amore di Antonello. Si apre con un suono d’organo che crea l’atmosfera natalizia. L’inizio è riuscitissimo, dolce e semplice come sanno essere certi pezzi di Venditti : ”Ritornerà dicembre con il freddo e i temporali e tu sarai già pronta con la lista dei regali, ci incontreremo all’angolo in quel bar di Via Frattina”, oggettivamente fa venire voglia di abbracciarsi e scacciare via il freddo. La citazione della famosa strada di Roma, a due passi da Piazza di Spagna, rende il tutto ancora più suggestivo. La canzone, che si è aperta con tanta efficacia, prosegue poi in maniera abbastanza ripetitiva, anche se il finale riserva ancora qualche bella frase “Confondono i ricordi i regali di Natale trasformano in minuti tutti gli anni che passavi” e l’ironia di “Ma che destino complice ti ritrovo in libreria, a ricomprarmi Seneca proprio mentre andavo via” (capiterà anche ad Antonello di riciclare i regali?). Piccola curiosità: anche il filosofo latino ha qualcosa in comune con i personaggi di questo disco.

Mancano ancora i due pezzi “politici”, diciamo così, di questo album. Il primo è “La mia religione”, brano dall’impianto rock, nel quale a livello musicale prevale il già sentito (siamo dalle parti di Ligabue) e che presenta un testo che solo a tratti mostra qualcosa di interessante. “La mia religione” è il brano dell’affrancamento dai “padroni ideologici”. I punti più alti sono quando, con dei piacevoli passaggi musicali, Antonello dice:  “E nel comune cammino, io ritrovo il destino che dà senso alla mia vita e alle parole, è la mia storia è la mia religione”,  e “Vivere senza catene senza porre confine tra l’amore assoluto e la ragione”.  Bello e programmatico.
Dal tono scanzonato ed estivo è la sfiziosa  “Comunisti al sole”, anche questa una canzone post-ideologica, in cui del comunismo è rimasto solo il nome, tanto è vero che anche il protagonista della canzone sogna una giornata alla Briatore. L’invito è quello a restare come si è: meglio sognatori che scialbe copie del vip di turno.

Questa lunga cavalcata “Dalla pelle al cuore” ha cercato di raccontare un punto di vista sull’ultimo di Venditti, e vista la grande stima per il cantautore, non di recensione si tratta ma di semplici considerazioni da appassionato.
Io spero che possano uscire fuori di questo disco i punti alti e che non ci sia la dittatura dei singoli, spero che tutti, anche i non "vendittiani", possano apprezzare l'impegno dell'autore Antonello nel comporre un testo come quello di "Giuda" o nel creare il pathos dolente di “Tradimento e perdono”, testi finalmente all'altezza del suo nome. Brividi quando Antonello cita Agostino, Luigi e Marco; questo mi aspetto da un cantautore, che racconti storie, faccia riferimenti all'attualità, alla vita politico-sociale. Spero che ci sia sensibilità in giro per ascoltare e capire il rumore della pioggia e del dolore.


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“Cuore” (1984)
torna su
Testo di Marino Bartoletti
Nel disco dove canta"Ci vorrrebbe un amico" Antonello Venditti mescola la delusione d'amore ai temi  della scuola e della politica.Arriva al "Cuore"del pubblico e torna al successo


Nel mezzo del cammin della sua vita(che per padre Dante e'rappresentato dai 35 anni),Antonello Venditti sferro',contro un mercato reso diffidente dalle sue precedenti performance"troppo impegnate",questo dolcissimo,quasi ironico,pugno nello stomaco,assolutamente all'avanguardia sia dal punto di vista del linguaggio che della modernissima tecnica musicale."Cuore" non ha nulla a che fare ne'con il perfido sentimentalismo di De Amicis ne'con qualsiasi altro sdolcinato abbinamento.E'un percorso di vita pieno di verita',di fatti,di momenti significativi:la politica resta alle spalle e fa posto all'amore"vissuto",all'amicizia,ai ricordi,perfino alla nostalgia come energia pulsante,come motore,come desiderio di guardare di nuovo avanti,dopo momenti certamente importanti,ma decisamente piu'cupi,piu'arrabbiati."Cuore"perche'"uno sa di essere vivo quando sente,proprio fisicamente,il cuore che gli batte dentro:e quel battito e'molto simile al senso di energia che una canzone deve avere per essere viva":Una curiosita':dopo 10 album intitolati come la canzone principale che contenevano("Lilly","Le cose della vita","Sotto il segno dei Pesci","Buona domenica","Sotto la pioggia" e cosi'via)questo e'il primo di Venditti ad avere un titolo"neutro".E,proprio per questo,particolarmente significativo.Poteva chiamarsi"Ci vorrebbe un amico" o anche"Notte prima degli esami" per citarne i due brani decisamente piu'significativi:ma avrebbe finito col togliere qualcosa al significato generale,ad accorciare un percorso di vita che mai come qui e'intenso,sincero,sentito.C'e'la trepida attesa dell'"Esame di stato"(come si diceva allora) esorcizzato da una notte d'amore;c'e'anche il ritorno dove si era creduto di"combattere"per qualcosa,o il racconto di un amore finito,o il curioso viaggio da San Siro a Roma con un amico conosciuto per strada che nella bolgia di un concerto,aveva...perduto la propria ragazza.C'e'la satira,il sarcasmo de"l'ottimista"che scateno'il putiferio fra i socialisti(l'unico che la prese sul ridere pare sia stato proprio Craxi:e parliamo del Craxi"immortale"degli anni 80);c'e'persino una struggente preghiera finale,"Stella",che proietta Antonello verso la matura spiritualita'delle opere successive.C'e'anche una curiosa fioritura di termini calcistici("stare insieme a te e'stata una partita","notti di sogni,di Coppe e di Campioni","lo stadio era pieno")che la dice lunga sulla sincerita'del linguaggio usato.D'altra parte-e non e'ne'una battuta,ne'una"diminutio"-questo album e'figlio...dello scudetto della Roma conquistato nel maggio 1983 e celebrato da Venditti col memorabile concerto al Circo Massimo davanti a 300.000 persone("che in quel momento mi fecero sentire molto piu'"capito"che in tutto il resto della mia vita").Fu piu'o meno allora che Antonello,dopo un lungo e volontario esilio professionale a Milano,decise di tornare:decise di volersi reinnamorare della propria citta'.E nell'arco di alcuni mesi dapprima concepi' e poi realizzo' questo LP."Le canzoni",ebbe a dire,"le avevo gia'tutte dentro".Nel marzo dell'84 le aveva composte tutte e otto:da marzo a luglio il sofisticatissimo lavoro di incisione con una ricerca quasi maniacale della perfezione tecnica,affidata fra l'altro a risorse di assoluta avanguardia(come il"dbx 700",il piu'raffinato apparecchio per la registrazione digitale)che diedero al prodotto un suono,una nitidezza e una pulizia forse mai sentiti in Italia prima di allora.Il punto di partenza di tutto l'album anche dal punto di vista cronologico e'"Notte prima degli esami".Antonello-gia'uomo,gia'padre,gia'famoso e gia'ferito-era a cena dai suoi genitori(la mamma professoressa,il papa'prefetto in pensione)si allontano'e si mise al suo vecchio pianoforte di ragazzo come se dovesse liberarsi,sgravarsi di qualcosa.... ..E nacque il primo brano,il volano di tutta la raccolta:per certi versi ancora piu'emblematico e importante della pur bellissima"Ci vorrebbe un amico".In quattro minuti c'e'il racconto e soprattutto il prologo di una vita:quasi una canzone"modulare"che Antonello ancora oggi riconosce piu'"sua"che mai(soprattutto la'dove vi si canta l'amicizia:e gli amici sono ora e sempre quelli di ieri,Giorgio,Ernesto e Francesco.Francesco De Gregori,naturalmente,ritrovato dopo schermaglie e abbracci intrecciati nel tempo)."Cuore"rimase in classifica per ben 30 settimane a cavallo tra il 1984 e il 1985 e trionfo'nella"Vela d'Oro",assegnata in base ai risultati di vendita:il suo successo prese corpo anche grazie a una sorta di promozione spontanea nata attorno a una trasmissione che Antonello si prese lo sfizio di condurre ogni giovedi'su una radio privata romana e nella uale,sin dalla"gestazione"del disco,si diverti'a tenere informati i suoi interlocutori sul"procedere dei lavori".L'affetto che ne ricevette in cambio fini'con l'arricchire,col fertilizzare lo stesso clima dell'album dando al suo autore la certezza di un calore ritrovato con la gente,coi suoi fan:insomma coi suoi amici.E non per nulla-torniamo a sottolinearlo-l'amicizia,oltre all'amore,costituisce il tessuto ideologico della sua fatica.Come gia'accennato,anche in questo passo di ritrovata serenita'artistica e personale non mancano le"rogne"tipiche della carriera di Antonello.E la piu'clamorosa,fu proprio quella dell'attacco sull"Avanti!",il quotidiano del Partito Socialista,da parte di una anonimo B.C.rivelatosi poi come Bobo Craxi,allora ventunenne figlio del Leader del partito.C'e'da dire che Venditti non c'era andato leggero con la"mascella volitiva"e con qualche altro accenno alla megalomania degli interessati("Gesu'lo vide camminare sulle onde azzurre del suo mare,gli disse amico non so chi tu sia,ma giu'le zampe almeno quest'acqua e'mia):cosicche'dal fortino nemico si rispose con espressioni tipo"lavoro banale e retorico""fesseria""infelice sortita antisocialista"e con l'accusa rivolta a Venditti di"agitare la propria mente confusa in un vortice di perfidia e inutile ironia"(e meno male che Antonello aveva appena...fatto pace con tutti,critici compresi).Ironia che comunque non gli fece difetto quando rispose che da un esperto di musica come Bobo Craxi,piu'che una reazione cosi'feroce si sarebbe aspettato piuttosto una canzone di risposta.Ovviamente di quelle scaramucce non si ha ormai traccia che nell'ingiallito ricordo di qualche ritaglio stampa.Resta invece il valore storico di questo disco:il suo senso di"svolta"il suo valore epocale nella carriera di un artista che improvvisamente riusci'a sostituire la rabbia con una ritrovata dolcezza,con un ottimismo tutt'altro che sterile,percepibile persino nei passi di malinconia piu'struggente.Fate attenzione anche alla sua interpretazione,soparttutto alla sua voce:vi troverete la bellezza,quasi la perfezione di una maturita'che,una volta acquisita,non e'piu'venuta meno
Notte prima degli esami-e'l'inizio di un viaggio di vita in otto canzoni.Esame di maturita'del 1968:l'ultimo prima della riforma.Si portavano tutte le materie:ma Antonello e Claudia invece di ripassare Dante e i logaritmi trascorrono la notte a far l'amore.E'la loro prima volta.Chi l'ha detto che il sesso prima della"partita"fa male?Venditti fu promosso,con la media del 7
Mai nessun video mai-non c'e'immagine televisiva(fatua e passeggera)che possa valere quanto una bella canzone.Ribadisce con molta forza il suo tifo per l'"essere"contro l'"apparire"e lo fa con grande sapienza musicale accoppiando il suo talento alla perfezione tecnica dell'album,molto piu'avanti,in fatto di elaborazione,del suo anno di uscita.
Qui-"Valle Giulia,Architettura":un'ambientazione emblematica,un pezzo struggente.Non e'politico come"Modena",ma profuma ancora di piazza e di sirene(a Valle Giulia Venditti venne arrestato durante una manifestazione).Il luogo e'lo stesso ma il tempo e'passato:restano Paola,e un amore con sensazioni diverse
Non e'la cocaina-il titolo puo'preoccupare,in realta'il pezzo e'molto ironico.Negli anni della"Milano da bere".c'e'una"Roma da godere":anche troppo.C'e'chi vi ha voluto vedere una "excusatio non petita"sulla romanita',cosi'cara ad Antonello.Grandi virtuosismi di tastiere,percussioni,chitarra ed elettronica in genere.
Ci vorrebbe un amico-dal fallimento alla liberta':finisce un amore(anzi,un matrimonio),ma si riscoprono le piccole cose che sono alla base della quotidianita'e dell'amicizia.Eseguita per la prima volta al concerto del 30 maggio'84:2 ore prima la Roma aveva perso la finale della Coppa dei Campioni
L'ottimista-con questo brano molto divertente,in un album che doveva segnare l'emancipazione dal filone politico,Venditti riusci'a far arrabbiare i potentissimi socialisti di allora e a farsi attaccare sull"Avanti!"dal giovanissimo Bobo Craxi.D'altra parte la"dolce vita romana del garofano"a lui non andava proprio giu'.
Piero e Cinzia-concerto di Bob Marley a San Siro,1980.Piero e'un ragazzo"rasta"che fa l'autostop:Antonello lo incrocia con la sua Saab:"devo andare a Roma"."Sali".Nascve un'amicizia.Antonello racconta di aver conosciuto Marley il giorno prima all'Hilton.Piero gli racconta di Cinzia,del loro bambino,della loro vita complicata.Si rivedranno un anno dopo.Dove?Ma allo stadio Olimpico,naturalmente.Ne scaturisce questo"Italian-reggae":dolce,sincero,intenso
Stella-e'una bellissima preghiera laica che conclude l'album col piacere della speranza:quasi una"partita"tra il Venditti arrabbiato e quello che a modo suo riesce a dialogare con qualcosa che assomiglia a Dio.E'una delle canzoni piu'amate dai suoi fan.Il 6 ottobre di 10 anni fa,Antonello la"uso'"come ringraziamento al cielo per aver liberato il Cile da Pinochet.


“Quando verrà Natale” (1974) torna su
Tratto da MUSIKBOX GEN/FEB 2001 e M.Macale
Lato A : “A Cristo”/“Marta”/”Piazzale degli eroi”/ ”Ora che sono pioggia”
Lato B : “Campo de’ fiori”/”Figli del domani”/”Quando verrà Natale”

con una splendida scheda di Marco di Reggio Emilia.

Non trascorre neanche un anno da “Le cose della vita”, che esce sul mercato “Quando verrà Natale”: il primo disco realizzato con l’ausilio di una vera e propria pop-band : (Franco Di Stefano, George Sims, Pablo Romero, Roger Smith, Carlo Siliotto…).
Il risultato è la ormai consueta eterogeneità vendittiana, ovvero sia il frutto di un autore che ama “svolazzare” tra quadri popolari, sanguigne situazioni dialettali, inni e invocazioni di libertà e trattazioni intimiste e prettamente personali.  “A Cristo” apre l’opera e lo fa all’insegna dello scandalo. A dire il vero, e come spesso accade anche oggi, si tratta di uno scandalo più costruito che reale, in quanto la canzone, condannata per vilipendio alla religione dello Stato , altro non è se non una ironica filastrocca in dialetto romanesco che favoleggia una nuova discesa di Gesù sulla terra in epoca costellata da guerre assurde (vedi Vietnam) e ridicole baraonde politiche. Il pezzo a riascoltarlo oggi (ma anche allora), non contiene assolutamente nulla di blasfemo, anzi, la verace, genuina, e innocente sfrontatezza con la quale viene trattato Nostro Signore in una Roma dagli echi papalini , sembra lanciare un importante ponte di comunicazione tra una corrente politica strettamene laica e il mondo del cristianesimo.

(Si tratta  di un dialogo immaginario e popolare tra il protagonista-cantante e Cristo, al quale, visto che quest’ultimo è ritornato a Roma, il primo consiglia di fuggire al più presto “Voj annà forse a finì moriammazzato/da sti bboni centurioni che tu sai/che te pregheno e te fregano tutti i giorni/ in nome della loro autorità, Forse il brano scandalizzò perché intaccava in maniera irriverente l’ingessamento politico del potere a Roma, dove si era da decenni creato uno spiacevole e fallace connubio tra un malinteso cattolicesimo – tutto tranne che applicazione del messaggio di Cristo – ed una parte politica popolare che dichiarava di trarre ispirazione dalla rivoluzione cristiana. Cristo in giro pe ril mondo non sa dove porre prima riparo, visto che le diavolerie (“i fantomix”, aerei da guerra, ndr) per distruggersi a vicenda, inventate dagli uomini-belve, sono quasi più veloci degli angeli.- Tratto dal libro di Maurizio Macale - )

Con “Marta” Antonello si ricongiunge alle tematiche libertarie di “Mio padre ha un buco in gola”, anche s enell’occasione si rivolge a terzi, in particolare ad un personaggio femminile, usando quindi toni meno accesi e convulsi, ma dolcemente esortativi. Altro straordinario esempio di ballata popolaresca, tipica del Venditti appassionato ed attaccato alle radici di un certo tipo di canzone è “Campo de’ fiori”, colorita descrizione di una gioventù povera, cresciuta nella strada, tra furtarelli (“rubano sempre”), codici d’onore (“ma non tradiscono mai”), e un’ invidiata atmosfera di libertà. Dopo “Roma capoccia”, il brano appare come l’ideale seguito, con una visuale più focalizzata su una situazione particolare, ma permeata dallo stesso fascino descrittivo.
(C’è poi nel brano il senso un po’ triste del tempo che scorre  e del successo di cui Antonello comincia ad essere ormai consapevole e, dolorosamente ma effettivamente ,”il tempo ha già sconfitto i soldi di papà”.  Macale)
Basterebbero questi tre pezzi per rendere l’opera imperdibile, ma il microsolco non nega altre sorprese. ”Piazzale degli eroi” descrive una situazione di politica territoriale o “zonarola” che dir si voglia, forse un po’ oscura per chi non viveva a Roma in quegli anni. Il piazzale (nel quartiere Prati) era infatti, rappresentativo e covo dell’altra fazione (la destra politica e la cultura benpensante) .
I riferimenti alle “scritte nere sui muri” (nero come colore politico) , lo evidenziano insieme alla volontà dell’autore di non voler passare di lì.
Roma è divisa in zone politiche. E il presidente come si comporta? Con un banale “volemose bene” : “figlioli, fratelli, compagni, defunti”. (Macale)
Sottolineato da un delicato accompagnamento di pianoforte , si ritorna a situazioni intimistiche con la bellissima “Ora che sono pioggia” legata con un filo ideale a “Le cose della vita” con una poetica ancora più articolata, forse meno immediata, ma molto suggestiva.
(Antonello Venditti, dopo aver vissuto la lunga strada del tempo, ad un certo punto si sente umilmente "trasformato in pioggia", in una grande e inebriante sensazione panica. Attraverso l'odio e l'attrazione, la sua incapacità di "accettare ordini e compromessi , con uomini, con donne e con i santi stessi", solo con il gesto del "dare e dare e dare, con molta sincerità", solo per la gioia che ne deriva e senza aspettarsi alcun contraccambio, Antonello scopre che, pur attraverso i mille difetti, gli errori e le frustrazioni, solo nell'umile gesto di farsi umile cosa, nella fattispecie pioggia, è la salvezza: occorre diventare pioggia per conoscere cos'è la pioggia e come essa donarsi. Ed è una gioia immensa. "Ma ora che sono  pioggia e come il mare vado via quella cosa che resta la vedo è sempre amore". - Macale - )

“Figli del domani” si fa forte di un testo e di una costruzione musicale molto originale, con una visione dell’uomo del futuro allegoricamente pessimistica. A chiudere la “title-song”("Quando verrà Natale"), e qui la definizione di originale è scontata e riduttiva. Antonello in un crescendo musicale canta per i quasi quattro minuti del brano la stessa frase “Quando verrà Natale, tutto il mondo cambierà..” modificandola solo una volta con “sorriderà”.
L’effetto all’ascolto è incredibile, nel senso che la canzone trasmette sensazioni ed emozioni che viaggiano dalla malinconia, all’ironia, dalla paura, alla speranza. Un colpo di genio, coraggioso ed unico nel suo genere. Il disco riscuote un buon successo, ma quello che attende Antonello al varco sarà il pieno riconoscimento popolare delle sue capacità.


1974: La scheda di Marco di Reggio Emilia torna su

Dopo l’esordio con il singolo “Roma capoccia”, che nel 1972 – pur non rientrando tra i 100 singoli più venduti di quell’anno – raggiunse addirittura il 17° posto nelle classifiche settimanali di vendita, Venditti conquistò per la prima volta le classifiche al suo quarto disco, due anni dopo, con “Quando verrà Natale “ che, senza alcun dubbio, rappresenta il disco della prima maturità per il cantautore romano oltre che quello della sua prima affermazione presso il grande pubblico.

Uscito nel settembre 1974, “Quando verrà Natale “ scalerà le classifiche di vendita fino al 13° posto piazzandosi al 55° tra i 100 LP più venduti nel 1974.
Antonello ha 25 anni e – dopo l’esordio con De Gregori con “Theorius Campus” – deve necessariamente trovare una sua cifra stilistica dopo il barocchismo di “L’orso Bruno” (1972) e l’urgenza espressiva e l’asciuttezza di “Le cose della vita” (1973).
“Quando verrà Natale “ è il disco della maturità perché – anche riascoltato oggi a trent’anni di distanza – vi sono già presenti tutti gli elementi che caratterizzeranno, per molti anni a venire, la poetica e lo stile di Venditti.
Per capire in tutte le sue pieghe questo disco bisogna necessariamente rispolverare la memoria storica e collocarlo proprio nella Storia in cui questo disco è venuto alla luce. Il biennio 1973/1974 è stato, molto probabilmente, uno dei periodi più bui (anche in senso letterale, come vedremo) dell’intera storia repubblicana.
Dopo il boom economico degli anni sessanta, sia la situazione economica che quella politico istituzionale gettano il paese in un clima di forti tensioni sociali, di profondo malcontento popolare e di scontro ideologico totale (fuori e dentro gli stessi partiti politici in una logica del “tutti contro tutti”). Su questo terreno il terrorismo - di ogni “colore” - cresce e si diffonde come un cancro che sembra irreversibile ( tra gli episodi più gravi il rapimento del giudice Sossi ad opera delle Brigate Rosse e l’attentato – ai primi di agosto ’74 - al treno Italicus alle porte di Bologna rivendicato da Ordine nero e che costò la vita a 12 persone); la dialettica politica comincia a parlare il linguaggio dell’estremismo (sia di destra che di sinistra); insistenti si fanno le voci di un imminente “colpo di stato” (organizzato dai comunisti secondo il governo e dal governo – il cui ministro degli interni si dichiarava pronto a dispiegare l’esercito nelle strade delle città italiane - secondo la sinistra).
Tra il 1973 e i primi mesi del ‘ 74 l’inflazione arriverà a toccare il 20% mentre aziende che fino a quel momento rappresentavano la spina dorsale del paese rischiano – per la prima volta – di finire a gambe all’aria: come la FIAT e l’Alfa Romeo.
Le gravi tensioni in Medio - Oriente (che porteranno ad un embargo del petrolio deciso dai paesi arabi contro tutti gli stati che sostenevano direttamente o indirettamente la politica di occupazione israeliana a danno dei territori palestinesi e contro la Siria, il Libano, la Giordania ecc.), una lira fortemente svalutata e scelte politiche scellerate, portarono alla più grave crisi energetica dal dopoguerra, che costrinse il governo a prendere il noto provvedimento dell’ austerity: razionamento dell’elettricità, benzina col contagocce (e prezzo alle stelle) e italiani a piedi! Il Natale e Fine Anno ’73 furono all’insegna del buio, del freddo e della privazione: niente luminarie, vetrine spente, blocco totale della circolazione per tutti gli automezzi la domenica per risparmiare carburante e prezzi raddoppiati negli altri giorni della settimana per i beni di prima necessità che, addirittura, cominciano a scarseggiare (come lo zucchero, la farina). Nel febbraio ’74 si scoprirà poi che tutto fu organizzato ad arte: 30 miliardi di tangenti pagate, da rappresentanti dell’Unione petroliera italiana, a funzionari ministeriali e addirittura a uomini politici per truccare e falsificare i dati al fine di aumentare – a sproposito - il prezzo dei carburanti. La magistratura apre indagini su molti uomini politici rappresentanti le principali forze di governo (DC, PSI, PSDI, PRI). Gli italiani scoprono così che “il politico” non è più colui che si cura della “cosa pubblica” quanto colui che si serve della politica per il proprio potere personale e il proprio arricchimento; che i partiti assomigliano sempre più ad aziende che pensano solo al proprio profitto.
E intanto il costo della vita sale alle stelle e i prezzi raddoppiano.
Che qualcosa cominci a cambiare nell’umore della gente lo si avverte il 12-13 maggio 1974: infatti quasi il 60% degli italiano vota “NO” all’abrogazione della legge 898 che garantisce il diritto al divorzio. Tale risultato, assolutamente inaspettato, rappresentò una spallata di proporzioni storiche contro le forze conservatrici come la Chiesa e il partito di maggioranza relativa che da sempre era al governo del paese, la Democrazia Cristiana. Entrambe queste forze si erano battute per l’abrogazione della legge. Fu un voto che espresse anche la forte esigenza di un mutamento politico nel governo del paese che veniva avvertito come una necessità improrogabile (infatti dal 1973 il democristiano Aldo Moro e il comunista Enrico Berlinguer stavano faticosamente cercando di convincere gli “amici” e i “compagni” di partito sulla necessità di attuare una sorta di “Compromesso storico” per il bene del paese con le due principali forze politiche impegnate in un progetto comune di alleanza).
L’autunno del 1974 fu uno dei primi “autunni caldi” : in settembre crisi politica e di governo; crollo della borsa mentre in ottobre la Fiat annuncia (e attua) la messa in cassa integrazione di oltre 50.000 lavoratori mentre l’Alfa Romeo decide la riduzione di orario per circa 10.000 dipendenti.

Nel mondo della cultura escono nel 1974 libri importantissimi – tra gli altri - come “Todo Modo” di Leonardo Sciascia, “Arcipelago Gulag” di A. Solzenicyn e “La Storia” di Elsa Morante mentre al cinema escono l’ultimo capitolo della TRILOGIA DELLA VITA di Pier Paolo Pasolini, “Il Fiore delle mille e una notte”; il molto discusso (e splendido) “Portiere di notte” di Liliana Cavani, “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola e “Gruppo di famiglia in un interno” di Luchino Visconti. Gli spettatori più attenti individueranno una nuova interessantissima leva di registi americani non ancora troppo noti in Italia come Francis Ford Coppola (con il bellissimo “La Conversazione”), Martin Scorsese (con “Alice non abita più qui”) e Steven Spielberg (con il suo secondo lungometraggio “Sugarland Express”) mentre gli appassionati del cinema d’essay spenderanno molte belle parole a proposito di “Alice nelle città” di Wim Wenders, “Il fantasma della libertà” di Luis Buñuel e, soprattutto, “Lancillotto e Ginevra” di Robert Bresson.
Ma torniamo al punto di partenza: la musica e la canzone. Già nel 1974 il festival di Sanremo sembrava premiare canzoni e cantanti che poi non trovavano un corrispettivo nelle vendite e soprattutto nei gusti di chi ascoltava (e comprava) i dischi : se, infatti, Iva Zanicchi vince il festival di Sanremo tra gli LP più venduti di quell’anno troviamo le tre signore della canzone italiana (Patty Pravo, Mina, Ornella Vanoni), il Claudio Baglioni di “E Tu…”, i Deep Purple di “Burn” e il Santana di “Welcome” ma soprattutto le colonne sonore di due film che l’anno prima avevano riscosso enorme successo ai botteghini come “American Graffiti” e soprattutto “Jesus Christ Superstar” che risulterà l’album più venduto nel 1974.
Se le classifiche di vendita rispecchiano almeno in piccola parte i gusti dominanti degli acquirenti di dischi (e per quegli anni almeno il discorso aveva un suo fondamento, sicuramente oggi molto meno…) bisogna dire che va ancora fortissimo il progressive rock inglese (Genesis, Emerson Lake & Palmer, King Crimson, Jethro Tull, Yes, Pink Floyd) e quello derivativo “Made in Italy” (PFM, Le Orme, il Banco) mentre la canzone d’autore stenta ad arrivare al grosso pubblico ad eccezion fatta dei cantautori “più leggeri” (detto con tutto il sommo rispetto e non in senso dispregiativo) come, appunto, Baglioni e Riccardo Cocciante (che proprio nel 1974 raccoglie grossi consensi grazie a due ottimi brani come “Quando finisce un amore” e “Bella senz’anima” entrambi tratti da “Anima”): infatti al di sopra del 55° posto conquistato da “Quando verrà Natale” troviamo solo “Canzoni” di Fabrizio De Andrè (44°).
Spero che questa carrellata – forse un po’ lunga – sia però servita a restituire il senso di un periodo e di un anno in particolare – il 1974 – che aiuta, a mio avviso, la comprensione di un disco come “Quando verrà Natale” : a partire proprio da quel titolo che – all’apparenza banale – si rivela invece di tutt’altro spessore se lo si legge alla luce del Natale che gli italiani si erano lasciati alle spalle (quello dell’austerity) e di quello, ancora più incerto e carico di preoccupazioni, che era alle porte.
Il disco esce a settembre – all’inizio dell’autunno “caldo” e con le cronache che si occupano ancora del grave attentato terroristico al treno Italicus – proprio mentre Venditti partecipa insieme a Dalla, De Gregori, Maria Monti e Luca Balbo a un concerto “collettivo” alla Festa Nazionale dell’Unità di Bologna davanti a una platea enorme (per la cronaca: l’anno dopo il PCI fu ad un passo dallo storico sorpasso della DC secondo il responso delle urne in occasione delle Elezioni politiche): quell’evento sarà poi testimoniato anche da un live che uscirà l’anno seguente (e ristampato solo nel 2001) : “DAL VIVO * BOLOGNA 2 SETTEMBRE 1974”. Mi soffermo su questo album perché qui – in un qualche modo – troviamo la chiusura di un cerchio: tra i vari brani presenti sul disco live c’è anche “A CRISTO”, il brano che non casualmente apre l’album “QUANDO VERRA’ NATALE”.
Come tutti ormai sanno questo pezzo risale al 1973 e fu proprio durante il concerto al Teatro dei Satiri nel gennaio 1974 (nel dicembre 1973 secondo altre fonti) che Venditti si troverà coinvolto in una denuncia per vilipendio alla religione di stato (allora reato particolarmente pesante!) : nel 1976 Antonello a conclusione del processo fu condannato a due mesi di carcere con la condizionale!



 

Speciale "Che fantastica storia è la vita"(2003)
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“SCELGO LA VITA” di Papes

Un bel ritorno, un disco piacevole in molti aspetti.
Il Venditti doc è tornato, mostrando ai suoi fans il suo “pedigree” di cantautore di razza pura.

Che Fantastica Storia è la Vita nasce dopo una pausa, lunga 4anni, dopo Goodbye900 disco di grandi cambiamenti, sia di nome che di fatto. In questo nuovo album più che mai emerge la sensibilità del cantante romano riguardo la VITA. L’invito è chiaro..guardare avanti, continuare a camminare per “ogni passo della vita” , rimanere aggrappati ad essa anche se essa sembra lasciarci.
Per la verità già in passato questi temi sono stati trattati. In “Dimmi che Credi” del ’92 Antonello gridava “dimmi che credi in questa vita in questo mondo come ci credo io” o ancora “io credo nel mondo io credo nel cielo” (da “c’è un Cuore che Batte nel cuore” dell’86).
A parte questo , come facilmente accade nei dischi di Venditti, palesi sono i riferimenti alla politica contemporanea, con rapide ma precise considerazioni sul mondo.
Ascoltando l’album si nota come ormai avviene da diversi anni,in una formula ampiamente codificata l’accostamento di tutti i temi principali della VERA canzone d’autore italiana: Sentimento, Politica, Amicizia. Vera poiché oggi come oggi diventa difficile tra le miriadi di pubblicazioni trovare spunti che veramente possono definirsi tali.

Nel disco le canzoni sono 9, se consideriamo la “long version” della title-track. In realtà i pezzi sono otto, ma anche questo non è una novità. Otto canzoni, ma vere ed intense, non pretesti per chiudere in fretta il disco come spesso avviene.
Analizzando più in dettaglio tutti i brani gli spunti proposti sono molti:

-Che Fantastica Storia è La Vita: le fantastiche storie in realtà sono ben 4: Antonello parla di se stesso. “mio padre e mia madre mi volevano dottore”..come esordio ricorda senza dubbio Robin, brano numero 3 contenuto in Buona Domenica del’79. cantando la prima volta ha come sfidato il destino, come lui stesso canta, pur essendo consapevole che tutto è già scritto in cielo “e dal destino che è scritto in cielo l’acquario rinascerà e un solegemello apparirà” (Goodbye Novecento ’99). La storia di Laura è senza dubbi la più commovente. Un po’ come accade nel “compleanno di Cristina” rispetto a “sotto il segno dei pesci”, anche qui i personaggi Vendittiani puntualmente ritornano ad anni di distanza. Chi non ricorda Sara, la ragazza madre che ancora andava a scuola? Antonello diceva: “se ci CREDI, il tuo bambino nascerà”.. evidentemente Sara, che ora si chiama Laura e si è laureata ci ha creduto, ha creduto nella VITA e da essa è stata premiata “Fanno crescere Luca il mio unico amore”. Questa immagine mostra in un flash come la vita sorprenda, Tolga, Regali….. Anche Antonello gioca col nome Laura, come già facevano i grandi poeti, Petrarca ad esempio con Laura, L’Aura, Aurora, Alloro. Per un cantautore vero questo non deve sorprendere.
Gesù è il terzo personaggio della storia. Gesù pescatore, pescatore di Anime, a pesca con i suoi discepoli. Un’immagine di grande effetto, se raffronatata con quella che immediatamente segue..quella dello stesso Gesù sulla croce con i suoi genitori accanto. Partendo dalla pesca, l’immagine del mare si comincia a delineare. “Su questa nave chiamata musica ne comandanti ne marinai, navighiamo senza la bussola come pirati dei sette mari” (Su questa Nave chiamata Musica ’99) diceva Antonello solo 4 anni fa. Ma in 4 anni il mare è diventato da luogo di pace, di abbandono alla musica, un pericoloso nemico, con forti correnti a cui è necessario resistere per non lasciare la vita. Stiamo parlando della quarta ed ultima storia della canzone. Quella di Aisha, che in lingua africana significa proprio VITA.( chiara la citazione della canzone di Khaled del ’97 che impazzava nelle radio, gran pezzo in lingua francese scritto e musicato dal grande Jean Jacques Goldman).
La Vita è aggrappata allo scoglio di “Buona Speranza” Il capo di Buona Speranza si trova nella Repubblica Sudafricana, è l’estrema punta meridionale della penisola del capo che si protende nell’oceano Atlantico. In sintesi la Vita si tiene stretta allo scoglio, all’ultimo appiglio che è lo scoglio stesso. Da una parte la pace e il calore dell’Africa, terra a cui Antonello è molto legato “21 modi per dirti ti amo” dall’altra il mare, l’oceano che pare essere in burrasca. Ricorda molto i viaggi di Ulisse, oltre ogni limite umano, “ci sono mari che non si possono toccare” (In questo mondo che non puoi capire ’99) oltre la VITA stessa. La VITA va tenuta stretta, sempre riserverà grandi sorprese.
Da segnalare il fantastico suono di Sax di Gato Barbieri, quasi una voce. Sono passati molti anni da un’altra magistrale interpretazione, vedi “Modena” da “Buona Domenica”.
Il messaggio della canzone è questo, chiaro, splendido, magico.

-Io e Mio Fratello: “Partirono in due ed erano abbastanza un pianoforte una chitarra e molta fantasia” ( Bomba o non Bomba ’78) o ancora “io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla” (Notte prima degli Esami ’84)
Il rapporto tra Venditti e De Gregori spesso ha trovato spazio nelle canzoni di Antonello. Un simpatico sipario come quello della track numero 2  però mancava. Stavolta non si parla di strumenti ingombranti, di viaggi verso la credibilità e non vengono affrontate tematiche di “spessore” come in “Francesco”, canzone numero 2 in “Sotto il Segno dei Pesci”  Si lascia invece molto spazio all’ironia “mal di mare e una barca di 1000metri”. “faccio piedino a quella che sta con te”…i due cantautori parlano, si comportano come veri fratelli, tra mille scherzi e mille battute “tanto lo so che mi chiami” molta ironia, molta simpatia. Ma quello che più conta  è il grande rapporto che da sempre lega Antonello e Francesco: “tanto lo so che..mi ami!”

-Lacrime di Pioggia: è una ballata intensa, probabilmente la più bella tra quelle che Venditti ci ha proposto negli ultimi anni. Ancora una volta viene affrontato il tema dei passi della VITA. Stavolta non si parla come nella title-track di viaggi di solitudine e lotta contro se stessi, bensì di un amore, che seppur finito “il tuo ricordo mi parla, guardo il mondo che passa”, dona la forza per andare avanti, per camminare e scoprire ogni giorno quanto la VITA possa essere speciale. Non è un amore al “femminile”..bensì il ricordo di suo padre, che vive nella persona della madre di Antonello. Le lacrime di pioggia sono una perfetta, abile e meravigliosa metafora per spiegare come la tristezza  e il dolore possano ogni giorno cadere dal cielo, in qualsiasi posto ci si possa trovare. Così sia un Amore, sia una persona speciale regala conforto, anche quando piove “ma la tua voce mi parla dalla tempesta”. La VITA è fatta anche di questo. Di meravigliosi ricordi.

-Non C’è Male: è invece una canzone “inconsueta” per Antonello, naturalmente dal punto di vista sonoro, poiché i temi in essa affrontati sono tipicamente vendittiani: il ricordo del passato confrontato al presente. Si vedano a tal proposito “Sotto il segno dei pesci” confrontata a “Il compleanno di Cristina”, riguardo la vita di “gente comune”, o ancora dal punto di vista molto, molto “politico” si confrontino “In questo mondo di Ladri” e “Tutti all’Inferno”. Stavolta invece in un’unica canzone sono evocati gli anni della Resistenza Italiana “mio padre faceva il partigiano” ed è messa in luce la profonda differenza tra le “guerre di liberazione” come la resistenza appunto, e le guerre del giorno d’oggi, ormai ridotte per la maggior parte ad azioni terroristiche. Chi vive al giorno d’oggi probabilmente giudica in maniera superficiale quegli anni cruciali per la nostra Italia. E ricordando gli anni ’40 si limita a dire “non c’è male”. Quello che accade oggi è spiegato da Venditti chiaramente, con un pizzico di ironia: “c’è una bomba in stato interessante dentro ogni povero deficiente”. Il cantante probabilmente allude ai kamikaze, anche se questa è solamente una libera interpretazione. Dal punto di vista “stilistico” il brano ricorda molto le canzoni italiane dai toni epici-fiabeschi. Leggendo le parole , ma soprattutto sentendole, sembra che venga raccontata, o meglio narrata una favola. Un brano notevole, anomalo per un cantante come Venditti, ma davvero molto bello.

Il Sosia: la canzone più politica dell’album, senza dubbi. Ancora una volta ad essere citato come in “Tutti all’Inferno”, ma stavolta con maggior efficacia è lo stesso Presidente del Consiglio. La canzone, molto divertente e piena zeppa di dettagli ironici narra riguardo la VITA del sosia del presidente. Lui lavora “finche lui me lo consente”, tornare a casa la sera è una conquista “comunista”.. e molti altri spunti (guerre e tribunali) più che mai all’ordine del giorno. Ma una cosa il sosia proprio non la sopporta: dovrebbe anche recarsi nella sud a San Siro in occasione del derby della Madonnina nella “fossa dei leoni”, gli ultras rossoneri..lui che tifa Inter. Una sorta di beffa sotto ogni punto di vista…. Che VITA dura.

Le altre canzoni:

Con che Cuore: parla di un amore finito, che diversamente da Lacrime di Pioggia getta nel più profondo dolore “non mi resta più niente in questa VITA” e lascia tristi e soli, in uno stato del tutto particolare “non so guarire non so morire senza te”.

Estate Rubino: ricorda molto “Vento Selvaggio” del ’95. anche qui infatti si parla di intensi profumi e di un’estate. Il profumo è quello che una donna porta con se e che il suo compagno vorrebbe risentire. Perciò confida nell’aiuto dei mesi estivi “Estate Rubino, portami da lei, ridammi il destino”. Si parla ancora di Destini (vd sopra), ancora una volta il mare viene citato, lo si ascolta per molto tempo..anche il silenzio fa rumore.

Ruba: canzone non nuova, ma “riallestita” partendo da una vecchia edizione anni ‘70. molte sono le cose belle al mondo “il colore della luna…il profumo della rosa…”, altre sono anche utili “alberi del bosco…petrolio….” Ma proprio queste sono nella maggior parte dei casi la causa di conflitti “tutto il male della fame e della gente”…

Quello di Venditti è un gradito ritorno. Non sono d’accordo con chi ha giudicato il disco mediocre o buttato li.. come si vede dentro l’album non manca niente..poesia pura, frizzante ironia, Attualità, Politica..davvero..ce n’è per tutti…

“non devi piangere, non devi credere che questa VITA non sia bella..per ogni lacrima, per ogni ANIMA, nel CIELO nasce un'altra STELLA”


Papes   djpapes84@interfree.it



Theorius campus 1972
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"L'album Theorius campus" di Giorgio Lo Cascio

Francesco e Antonello avevano composto insieme un paio di canzoni in Ungheria; realizzare un solo disco era meno oneroso che realizzarne due: nacque così "Theorius Campus".
Il dott. Micocci (il discografico) volle affidare i due piedi teneri a un vecchio amico, Lilli Greco, il quale ne fu subito entusiasta. L'ineffabile ironia della sorte volle che Lilli Greco fosse sommamente stanco del tipo di arrangiamenti che imperversavano a quei tempi, perciò chiamò un gruppo di simpatici musicisti inglesi italianizzati: Derek Wilson alla batteria, Dave Summer alla chitarra elettrica, Donald Meakin alla chitarra acustica, Mike Brill al basso, e si mise di buona lena a lavoro.
Disse che il pianoforte suonato da Antonello e la chitarra da Francesco andavano benissimo, e si limitò ad arricchirli aggiungendo la ritmica, basso e batteria, un po' di flauto con Maurizio Giammarco e qualche effetto. Venne fuori un disco un po' disomogeneo, un po' abbozzato come idee e realizzazione, ma decisamente nuovo e affascinante. Francesco canta Signora aquilone, una ballata di una semplicità disarmante, di pochissime note ma di grande intensità. Seguono La casa del pazzo, Dolce Signora che bruci, Vocazione 1 e 1/2 e In mezzo alla città (cantate insieme ad Antonello), Little Snoring Willy.
La copertina fu scelta da quel romantico del Dott. Micocci, la bellissima "Ofelia"(Amleto) di Dante Gabriele Rossetti che segue dolcemente la corrente nel suo sonno definitivo, ricoperta di dolcissimi fiori di campo.

Da CIAO 2001 - Unofficial Website
http://digilander.libero.it/ciao.2001/index.htm
Ciao uomo / Roma capoccia - IT ZT 7037
(1972)

RECENSIONI: 45 giri
Tratte dalla rubrica "Dischi" di Fabrizio Cerqua, poi diventata "45 giri e musicassette" (escludendo i 33 giri e inglobando l'altra rubrica "Musicassette e Stereo8" di Dario Salvatori), curata quindi da Manuel Insolera

Tratto dal 33 giri "Theorius campus", "Ciao uomo" e "Roma capoccia" sono i due brani più pregevoli sino ad ora incisi da Antonello Venditti, uno dei più promettenti o meglio, una delle poche realtà interessanti, del nostro settore giovanile. Uscito dal completo anonimato della ultima selezione di Mestre, Antonello Venditti ha già conquistato una buona parte del grosso pubblico per la chiarezza delle sue idee, per la genuinità e spontaneità dei suoi pezzi e per la convinzione e la musicalità delle sue interpretazioni. "Roma capoccia" e "Ciao uomo" sono due ottimi brani pieni di verità e di convinzione che esaltano le qualità di Antonello Venditti cantante ed autore. Completo in tutto, Antonello Venditti è sicuramente il nome più concreto e intelligente della nuova ondata musicale di questi ultimi tempi.


 
Theorius Campus (1972)
tratto da MUSIKBOX (Gennaio/Febbraio 2001)

Lato A: Ciao Uomo/Signora aquilone/La cantina/E' caduto l'inverno/Dolce signora che bruci/
La casa del pazzo

Lato B: Vocazione 1 e 1/2 / L'amore è come il tempo/ In mezzo alla città /Roma capoccia /
Little snoring Willy/Sora Rosa

Un titolo affascinante che può ricordare i campus, le università americane teatro dei primi scontri sessantottini, la stupenda immagine di una fanciulla distesa sul letto di un fiume e nessun nome impresso.
Si mostrà così, ammantata da un alone di mister, la copertina dell'album che battezza l'esordio discografico dei più promettenti giovani rappresentanti della nuova canzone d'autore italiana: Antonello Venditti e Francesco De Gregori. I due, da buoni amici, si dividono equamente i circa quaranta minuti concessi dal vinile, con sei brani ciascuno, due scritti a quattro mani, ed uno di questi interamente eseguito a due voci. Di Antonello sono "Ciao uomo", "La cantina". "E' caduto l'inverno". "L'amore è come il tempo", "Roma capoccia" e "Sora Rosa"; Di Francesco : "Signora aquilone", "Dolce signora che bruci", "La casa del pazzo", "Little snoring Willy", mentre "Vocazione 1 e 1/2" e "In mezzo alla città" sono in comproprietà.
Partendo per ordine e soffermandosi esclusivamente sui brani di marca Venditti, si comincia dall'inizio e da un grido invocatorio: "Signor Capitano!..". E' l'introduzione di "Ciao uomo", pezzo profondo, dalle pieghe esistenziali, sorretto da una particolare tecnica musicale ed espressiva che descrive da subito l'originale capacità compositiva del suo autore. Antonello metaforizza nella figura del "capitano" quella di Dio, ma oltre ai già citati riferiementi e quesiti esistenziali, il pezzo sembra contenere anche sottili allegorie politiche ("C'è una cometa che viene dall'Est, meglio seguirla...") e un'atmosfera generale in bilico tra ombre malinconiche, paura di un certo tipo di futuro, e luci di speranza. Dopo due pezzi firmati De Gregori, la voce di Venditti torna ne' "La cantina" canzone dal taglio tipicamente melodico e dai contenuti sentimentali, dolce ricordo di amori adolescenziali ambientati nei primi luoghi di musica e incontro.
Ben più composito e strutturato "E' caduto l'inverno", pezzo ricco di metafore naturali, svolte melodiche e il flauto di Maurizio Giammarco che troneggia nella bella coda finale. "Vocazione 1 e 1/2" è il primo brano scritto in condominio tra i due autori, descrizione dolce-ironica di di un curato di provincia, quasi interamente cantata da Francesco, con interventi vocali dell'amico sul ritornello.
"L'amore è come il tempo" è motivo dal taglio più classico, e i toni passionali esaltano le estensioni vocali di Venditti, una voce potente e decisamente una spanna sopra il livello generale del coro cantautorale.
Fa immediato seguito "In mezzo alla città" altro brano in comune caratterizzato da un suggestivo e riuscitissimo intreccio di voci alla "Simon e Garfunkel" che lo rende uno dei momenti più intensi e seducenti dell'intera opera. La traccia successiva rappresenta anche il clou e, probabilmente, la ragione sociale di tutta l'operazione. Con "Roma capoccia" Antonello iscrive il suo nome nell'albo dorato dei grandi cantori della Città Eterna. Il pezzo, che conquista subito i favori del pubblico (e non solo romano), è strutturato nella forma delle più tradizionali ballate popolari e impreziosito da simbologie sublimi e impressionistiche, frutto di una capacità non solo poetica, ma figurativa e descrittiva fuori dal comune.
Il cantautore si ripete in "Sora Rosa" altro momento di stampo dialettico e popolare,, anche se nell'occasione la romanità è al servizio di un'accesa invettiva contro individui irritanti e malcostumi
sociali. In definitiva "Theorius campus", tra qualche ingenuità (poche) e molte buone intuizioni presenta
al mondo l'identità di un'artista sensibile, audace e dissacrante quanto basta.

TRATTO DAL LIBRO DI  MAURIZIO MACALE
"Antonello Venditti dal sole di Roma capoccia al cuore di Palermo" ed. Bastogi :

Quello che colpisce di questo album è già la particolare forza espressiva di Venditti, la sua robusta scansione affettiva, molto di cuore e poco di testa, rispetto ai sicuramente bei pezzi di Francesco De Gregori ed alle interpretazioni che questi ne fornisce, senz'altro più evanescenti se così si può dire, lunari. Forse eccessivamente "intellettuali". Due modi, nondimeno, entrambi decisivi, due bei tentativi di esprimere il mondo e le sue storie che sarebbero rimasti sino ai nostri giorni.
E' già l'atto di nascita di due distinte, molto professionali ed originali tendenze di scrivere, suonare ed interpretare le proprie canzoni e le proprie passioni e quelle dell'Italia e del mondo.
Perla dell'album oltre a "Sora Rosa", è "Roma capoccia", dalle indimenticabili immagini di una Roma al tramonto e notturna, con quei passeri che sembrano usignoli e quello straccivendolo che ti chiede "un pò de' stracci". Pochi tratti e poche figure e tutto l'orgoglio di essere nato a Roma e di riscoprirla giorno per giorno. E' così bella Roma che rende pure "più vivo e più bbono" il suo cantore. (...)
Prodotto da Italo (Lilly) Greco e Paolo Dossena, l'album "Theorius Campus" è già un bel prodotto, ben arrangiato e con un Venditti che già dimostra, tanto per le musiche quanto per i testi, di sapere perfettamente ciò che vuole e quale strada espressiva intende seguire negli anni con il suo inconfondibile "pianoforte sulle spalle".

 Le cose della vita (1973)
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Tratto da MUSIKBOX GEN/FEB 2001/Macale

Lato A: Mio Padre ha un buco in gola / Mariù / Brucia Roma / Le cose della vita /
Lato B : E li’ ponti so soli/Il treno delle sette /Stupida signora/Le tue mani su di me

Il tormento di Antonello Venditti in questo album è che  ,  il privato  , per usare una parola in auge nel Sessantotto(…),  se non viene bloccato, nei suoi traumi interiori sul nascere, in seguito si stratifica e si trasforma in introversione. (…) , in “Le tue mani su di me”, suggestivo brano dell’album in questione, c’è l’immagine di “una fabbrica occupata sulle nuvole”, mentre in un angolo ormai abbandonato, c’è “un fucile che rimpiange Waterloo”. Mentre tu mandi su e giù le “tue mani su di me” , io mi smarrisco e mi risulta difficile “chiamarti amore”, dal momento che è sufficiente “aprire la finestra per capire un’altra verità”. E’ come dire : è la vita in tutte le sue contraddizioni, atrocità, violenze, emarginazioni, ingiustizie che, dapprima, bussa discretamente alla finestra o alla porta, ma in seguito se si finge di non essersene accorti , irrompe sfondando tutto, anche i muri, e travolge chi viveva illusoriamente asserragliato e sicuro in torri d’avorio ritenute imbattibili. (E come dire: come posso chiamarti amore se nella società l’amore non c’è ? –ndr -)
Si nel Sessantotto, occuparsi dei propri drammi intimi era diventata quasi una colpa..(…) – MACALE )

Se “L’orso bruno” era stato il trionfo dell’opulenza sonora, con “Le cose della vita” si cambia totalmente registro. Voce, pianoforte, Eminent, e un pugno di ottime canzoni. Il tutto parte in modo duro perché “Mio padre ha un buco in gola” è un autentico pugno nello stomaco, un rabbioso canto di ribellione di un giovane nei confronti dei propri genitori , un grido di libertà ammantato di tanta poetica ossessiva, folle e fantastica al tempo stesso. (...)
Un filo immaginario sembra , legare “Mio padre ha un buco in gola” (insosofferenza per un’educazione che lascia a desiderare, nel senso che è inutilmente rigida e non flessibile. “Mio padre ha un buco in gola, e una medaglia d’argento(..), alta burocrazia nazionale e “mia madre è professoressa , o meglio, una professoressa madre, mi ha dato sempre quattro, anche se mi voleva bene”:  Antonello stretto tra due fuochi dice “studiavo come un matto, per fare onore all’onore”. Canzone inquietante “Mio padre ha un buco in gola” che termina su immagini di pazzia, di urlato assassinio e di irresponsabilità. E’ cantata con voce scarna e spezzata, in un impianto armonico ripetitivo ridotto all’osso, Macale),  l’ironia dissacrante di “Brucia Roma”( il professore a scuola non spiega chi erano Menenio Agrippa e Tiberio Gracco e la loro battaglia in favore dei diritti della plebe, per la sua liberazione e allontanare i pregiudizi”..e allora “Brucia Roma brucia Roma, co’li Romani, co’ li Cristiani..cor parlamento, cor papa drento..”, Macale) , le immagini poeticamente proletarie de “Il treno delle sette” (l’espressione della rabbia verso chi non ti fa mai esprimere la tua protesta o il tuo disagio : “la signora è tanto buona , mi permette di parlare” e il conflitto tra una mamma operaia e una figlia studente:  “ho comprato tanti libri…”, Macale) e “Le cose della vita” (dove Antonello riprende un tema di “Mio padre ha un buco in gola” quando dice “per te che hai scelto sempre me, da santo ad assassino”, ndr), vera summa di tutto. Il brano ci appare come un’autoconfessione e dichiarazione di esistenza da parte di un cantautore la cui unica vocazione è quella di coniugare la spiritualità dell’essere uomo alla realtà politica, al rapporto con i propri simili girando intorno alle poche sfuggevoli verità terrene perché “le cose della vita fanno piangere i poeti ma se non le fermi subito diventano segreti”.
L’altro versante è costituito dall’amore, da quello ingenuo e guardone descritto in “Mariù”(con i suoi non richiesti ma affascinanti spogliarelli) a quello ambiguo e borghese di “Stupida signora” passando dalle visioni romantiche, dubbiose ma sincere de “Le tue mani su di me”.
A queste si aggiunge la genuina riproposta scarnificata da archi e orpelli de “E li’ ponti so’ soli”.
Registrato in tre giorni “Le cose della vita” è un disco emblematico dell’artista Venditti perché viva manifestazione di maturità e autonomia musicale, espressione vitale di un musicista ad ampio raggio, lui si libero di muoversi con la massima disinvoltura in qualsiasi direzione, sia concettuale che sonora : le dita dell’autore si muovono con sicurezza sulla tastiera del pianoforte, ma anche sui più moderni sintetizzatori. Il cantautore scala così un altro gradino del percorso di maturazione , recupera l’essenza dell’one man band, ricerca e trova una istintiva e più diretta capacità comunicativa. La tecnica pianistica assume caratteristiche sofisticate e l’uomo conquista una nuova fiducia e una consapevolezza dei propri mezzi che lo consegna definitivamente  a più ambiziosi traguardi



Ullàlla 1976
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SI ALLA VITA CON FANTASIA E CON RABBIA
di Antonello Venditti

Quelli che ancora non hanno sentito il disco e leggono il titolo dicono “Ullallà” ma il modo esatto è Ullàlla, con l’accento sulla prima a.
E’ il titolo del mio ultimo trentatrè, ed è il canto che accompagna una delle canzoni, una specie di favola, che però parla di cose vere che si chiama “Jodi e la scimmietta”.
Jodi è un ragazzo, quasi un bambino, che fa un viaggio in un mondo che non conosce, come tutti noi quando nasciamo, ed ha come compagno di viaggio una scimmietta che rappresenta la parte migliore di ciascuno di noi, la fantasia, la libertà, la voglia di inventare e di giocare.
Durante il viaggio Jodi e la sua scimmietta incontrano il presidente,  che è uno che non gioca mai, che non ama la fantasia e la libertà  e vuole che anche gli altri la pensino come lui.
Jodi capisce che il presidente deve essere distrutto, perché rappresenta la violenza, la sopraffazione, l’immobilismo.
A noi insegnano fin da piccoli che bisogna ubbidire sempre, a chi è più grande, più vecchio, più importante.
E noi cresciamo abituati a questa idea di ubbidire senza chiedere mai perché ; e se non siamo d’accordo, crediamo che per ribellarci dobbiamo inventare strategie complicatissime e affrontare prove troppo difficili per le nostre forze, ma è solo perché abbiamo paura e non conosciamo realmente chi abbiamo davanti, non sappiamo davvero chi è quello che dobbiamo combattere.
Jodi riesce a distruggere il presidente con l’arma più semplice, che abbiamo tutti a disposizione, basta saperla usare: la fantasia; e il presidente, che sembrava indistruttibile, scivola sulla prima buccia di banana che si trova sotto i piedi.
Allora “Jodi e la scimmietta” ridanno alla gente tutti i tesori di cui il presidente ili aveva derubati, la cultura, i ricordi , la libertà di pensare col proprio cervello.
“Ullàlla” è il canto di Jodi, e può essere il canto di ciascuno di noi, è un vocalizzo che ciascuno può riempire con le parole che vuole, ma prima di tutto è comunicazione, è gioco, è emozione.
Un’altra canzone che descrive due modi diversi di vedere la vita è “Maria Maddalena”, ma questa volta il linguaggio non è più quello della favola., perché sono diversi i personaggi ed è diversa anche la storia.
Maria Maddalena è la stessa donna viste a duemila anni di distanza. Testimone di due realtà molto simili nonostante il passare del tempo ; E’ la “peccatrice” del Vangelo ed una ragazza di oggi, la prima incontra come sappiamo Gesù che è l’unico a capirla ed amarla veramente, in una città che genera insulti e dolori, una città “da ammazzare”; la seconda è la compagna di un operaio arrestato a Milano, ai giorni nostri; in tutte e due le situazioni ci sono intorno sempre gli stessi benpensanti, a fare da spettatori, a giudicare, a dire: “che desolazione..che razza di generazione…”
Io ho sempre scritto canzoni cercando di evitare lo sdoppiamento tra la mia sfera “pubblica” e quella “privata” perché io sono sempre la stessa persona sia quando parlo del "presidente" di "Jodi e la scimmietta" o di “Maria Maddalena”, sia quando parlo d’amore, perché l’amore è un fatto umano che nasce dalla realtà. Al di là dei luoghi comuni e delle migliaia di banalità che si dicono e che si cantano sull’amore.
“Una stupida e lurida storia d’amore” è apparentemente la canzone più sentimentale di tutto l’album, ma parla d’amore in termini reali, non promette evasioni impossibili in isole di sogno e non versa lacrimucce compiaciute dei cuori spezzati.
Parlo di me stesso. E forse di tutti noi, di come potrei diventare in futuro, stanco e senza entusiasmo, con al fianco una stupida donna borghese.
Che non vuol dire che sarà così, anzi cantando questa ipotesi la rifiuto, spero di esorcizzarla, ho presenti i rischi che io e la donna corriamo.
E’ come quando nella canzone che chiude il disco, “Per sempre giovane”, parlo di una condizione che spero che noi tutti riusciamo a raggiungere o a conservare, una condizione creativa e critica nei confronti della realtà, usando la logica e la fantasia.
Ed intendo “giovane”, non nel senso abusato e strumentalizzante della pubblicità che usa questo termine per venderti qualsiasi cosa, dalla moto alla maglietta, all’aranciata,  ma nel senso biologico della parola, che significa avere voglia di dire e di fare, di partecipare alla vita con ottimismo ma anche con rabbia.
Ed è prima di tutto un augurio, che rivolgo a me stesso e a chi mi ascolta, la speranza di riuscire a rimanere, o a diventare. “Per sempre giovane”.

Ti segnalo il sito "Centocitta' di MICHELE con il quale "Solegemello" collabora.


 “Ullàlla” 1976 tratto da MUSIKBOX genn/feb 2001
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Lato A “Maria Maddalena”/”Nostra signora di Lourdes”/”Canzone per Seveso”/”una stupida e lurida storia d’amore”/
Lato B: “Jodi e la scimmietta”/ “Strada”/ “Per sempre giovane”

All’enorme successo riscosso con “Lilly”, consegue un periodo non facile : le prime avvisaglie delle contestazioni da parte delle fazioni più estreme e violente delle correnti politiche, provocano continui disordini e disturbano la quiete dei concerti mettendo a repentaglio persino l’incolumità fisica artisti. Se a questo aggiungiamo i primi dissapori con la casa discografica, riusciamo a capire il perché Antonello fa armi e bagagli per andare a registrare il nuovo disco lontano da Roma, ed esattamente il Brianza nel regno di Lucio Battisti : “il Mulino”. Si tratta di una sala dotata di impianti tecnologici all’avanguardia, un posto dove, oltre che lavorare, si può vivere e trovare una dimensione di grande isolamento e concentrazione. A parte Nicola Samale e Giuseppe Mazzucca presenti nel precedente ellepì, Venditti si avvale della collaborazione degli stessi strumentisti con i quali Battisti realizza “La batteria, il contrabbasso, eccetera”. Nonostante tutto ciò il prodotto che ne esce è controverso, sofferto, difficile. “Ullalla” è frutto di un periodo personale complesso e tormentato, ulteriormente incupito da avvenimenti ci cronaca tutt’altro che rassicuranti. Il microsolco si apre con “Maria Maddalena”, nome preso in prestito dalla Sacre Scritture ed usato per raffigurare una prostituta bambina, una storia di sesso, violenza, falsi moralismi che si avvale di un impianto melodico composito e articolato. Il pezzo si lega ad un altro contenuto nella seconda facciata , “Strada”, anche se qui i toni sono più pacati, c’è meno rabbia, meno violenza, un senso più sereno di rassegnazione e rispetto.  Il dito è sempre puntato, comunque, sui benpensanti, categoria di persone accecate dal bigottismo e da una visione distorta della realtà.
(Da sottolineare il verso “Il mestiere di vivere, il coraggio di vivere”  (“Il mestiere di vivere è il titolo del suggestivo e doloroso diario di Cesare Pavese. -  ndr e  M.Macale)
Venditti, poi, non poteva non cantare e ironizzare sul compromesso storico tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista in “Nostra signora di Lourdes” (“di lì a due anni l’illusione del compromesso storico naufragherà tragicamente con il rapimento e l’uccisione del presidente della DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.”, M.Macale ), e soprattutto non usare il feroce sdegno espresso in “Canzone per Seveso”. E’ cronaca del 10 luglio 1976, quando un guasto fa fuoriuscire una nube di gas tossico (diossina) dalle pareti di una fabbrica sita in Seveso, provocando seri danni alle persone e all’ambiente. Antonello non ci passa sopra, e come si dice in gergo, non lo manda a dire, ma lo dice in modo schietto e diretto. Usa termini forti (“Ammazzateci tutti”!) per incolpare un stato inetto e inerme.
“Una stupida e lurida storia d’amore” riconduce subito l’opera su temi più intimi e tranquillizzanti, dolcificati dall’intervento finale del soprano Gabriella Ferroni. Assai simbolico il messaggio contenuto in “Jodi e la scimmietta”, simbolico ma chiaro, perché alla sbarra degli imputati arriva addirittura il presidente degli Stati Uniti. Jodi con l’aiuto della sua scimmietta lo fa cadere, ridando alla gente ciò che di più importante gli era stato sottratto: i ricordi. Si tratta di un’intensa ballata che ricorda vagamente un certo tipo di country americano. L’album si chiude con un invito alla speranza, e, soprattutto con un’autoesortazione a non sentirsi mai domi e distaccati, ma pervasi sempre da uno spirito attivo e giovane, perché come diceva qualcuno “siamo nati per correre”. E non a caso Antonello in “Per sempre giovane” si fa prestare il finale di “Born  to run” da tale Bruce Springsteen. “Ullalla” possiede tutte le carattersitiche del disco di transizione, e per questo all’epoca fu poco capito da chi aveva ancora nell’orecchio le note di “Lilly”, ma è un lavoro da rivalutare, perché è rappresentativo di un momento storico importante, visto con gli occhi di un artista che ha deciso per un attimo di fermarsi a riflettere.

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In questa sezione verranno presentate schede riguardanti gli album di Antonello Venditti. Periodicamente verrà scelto un articolo.


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